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Palermo, Italy
Vivo in Sicilia, sono medico dentista,sposato con una moglie eccezionale e ho sei figli.Fra poco diventerò nonno per la prima volta. Il prossimo arrivo di questo nipote mi ha messo davanti a questa nuova tappa del mio viaggio, e mi sono reso conto che devo rimettermi in cammino con più entusiasmo, allegria e spirito giovanile. Alè si riparte! Ad un anno di distanza, come potete ben vedere dalla nuova intestazione del blog e dalla nuova foto, il cammino è stato felicemente intrapreso !

venerdì 11 luglio 2008

B2 : " sparizioni e fuga da casa ".

Fig.1-il triciclo
rosso












Fig.2- B2 a 8 mesi

Fabri fin da piccolo , prima di un anno,mostrava le sue caratteristiche di"piccola peste",già a circa 8 mesi combinò la prima, voglio credere non intenzionalmente. Era sdraiato nel suo infant-sit adagiato sul pavimento del soggiorno della nostra casa di Milano; io e Rita eravamo nel cucinino attiguo, quando al ritorno non trovammo più il piccolo B2.Più sorpresi che spaventati iniziammo le ricerche. L'appartamento era molto piccolo, 65 mq. appena, 2 stanze più accessori,eppure le prime immediate ricerche furono infruttuose. Cominciammo ad entrare in apprensione.Le ricerche continuarono, e non sapendo più dove cercare, mi venne istintivamente, senza molte speranze, di alzare il bordo del copriletto del lettone perfettamente in ordine, e guardarci sotto.Ed ecco la sorpresa: "il ricercato" era lì, in silenzio, e col faccino serafico e sorridente.Capimmo che con una manovra a spinta sui talloni e rinculando si era trasferito dal soggiorno alla nostra camera finendo sotto il letto. Non restò a me e mia moglie che guardarci in faccia e metterci a ridere. Adesso siamo già verso i 2 anni e mezzo a Palermo, dove B2 era rimasto nella cameretta che condivideva con Marco, da solo a giocare. Ad un certo momento lo chiamammo per fare merenda ma non ottenendo nessuna risposta, andati in camera non c'era. Ecco che ancora una volta iniziò la sua ricerca; l'appartamento era molto più grande del primo e in più Fabrizio era autonomo e quindi in grado di spostarsi.Niente da fare,lo chiamavamo a turno sempre più forte,e guardammo dappertutto, ma zero assoluto. Ad un certo punto non so perchè mi venne di aprire l'armadio rosso della sua stanza, e lì ritto impalato in religioso silenzio, e questa volta consapevole di quello che aveva fatto, c'era nascosto "il ricercato", con un sorriso questa volta da furbetto.Non gli venne risparmiato un solenne scapaccione!Andiamo alla fuga da casa: anni 3 e mezzo circa, eravamo alla fine della cena quando non ricordo il motivo del contendere, Fabri " prese cappello " e offeso e determinato disse: " me ne vado da questa casa ", e alla domanda "e dove vai ? ", rispose tranquillamente " dalla nonna ". Io lì per lì accettai, più per scherzo che seriamente, la sfida. B2 andò nella sua stanza , prese un sacchetto, vi mise dentro il pigiama, le pantofole, qualche giochino e lo spazzolino da denti (era pur sempre figlio di un dentista), se lo mise in spalla, montò sul suo triciclo e si presentò a me dicendomi determinato di aprirgli la porta di casa.Ebbene lo feci,volle chiamata l'ascensore dove entrò pedalando, e mi disse di rinviarlo al piano terra. Obbedii, volevo proprio vedere fino a dove si sarebbe spinto. Io presi immediatamente l'altro ascensore che mi ero premurato già prima di chiamare al piano, e arrivai quasi contemporaneamente a lui al piano terra; si stava già avviando verso l'uscita dell'androne,dove il portiere, il signor Fanale,stava per chiudere, erano circa le 20,30. Senza farmi vedere dal"fuggitivo", gli feci cenno di lasciarlo passare senza dire nulla. Il signorino con molta disinvoltura prese lo scivolo di cui era munito il nostro palazzo di Via L. Da Vinci n.145 (chi vuole può ancora controllare) e con andatura sostenuta si avviò sul marciapiedi in direzione della casa di mia madre non molto distante dalla nostra. Io lo seguivo,non visto, da vicino. E adesso che doveva attraversare la prima strada, che fare? Arrivato alla fine del marciapiedi scese dal suo triciclo rosso della Giordani e si accingeva a scendere in strada. Era già buio. A quel punto dovetti intervenire, lo raggiunsi in tutta fretta, e per non perdere la faccia gli dissi che avevo telefonato alla nonna, ma lei non era in casa e quindi forse era meglio rimandare "la fuga"al giorno dopo.Non del tutto convinto prese il suo mezzo di locomozione e pedalò accanto a me verso casa. Secondo voi chi l'aveva avuta vinta: io o il piccolo "fuggitivo"? E sicuro che da quel giorno capii che avrei dovuto fare molta attenzione nell'educare l'autonomia e l'indipendenza di mio figlio.Posso dirvi adesso, all'età di 38 anni e prossimo a diventare papà, che il suo carattere e la sua personalità sono rimaste sempre quelle di una persona capace di prendere iniziative autonome e di portarle a termine con decisione, ha però ben assimilato che queste non devono arrecare danno ne mettere in difficoltà il prossimo.
E' tutto, che ve ne pare ?

14 commenti:

Screwball ha detto...

Seguivo papà nell'altra ascensore: la determinazione del colui, quando tornammo a casa, mi mise paura. Benché con quattro anni età in più, mi misi paura.

Ma le battaglie furono tante, e nei prossimi giorni ne racconterò qualcuna... In ogni caso, come sempre succede, alcune le vince il fratello maggiore e alcune il minore, e le armi possono essere tante. A oggi però non saprei dire chi vinse la guerra (ma la guerra è finita?)

Divagazioni artistiche ha detto...

B2 è sempre stato uno spirito molto indipendente e con uno spiccato senzo pratico...Speriamo che il figlioletto in arrivo non prenda le stesse iniziative del padre...;)

Prof 2.0 ha detto...

B2, un mito! Mi ha insegnato le parolacce...

Anonimo ha detto...

lasciatemi dire che questa foto è davvero tenerissima!

Screwball ha detto...

Un blog non è una sessione psicoterapia di gruppo e neanche, per usare un termine caro a Cochi e Renato, uno “sputtanamento”, un luogo in cui consumare vendette. Tanto più che senza la sua collaborazione affettivo-procreativa, forse questo blog non ci sarebbe stato.
Lascio dunque gli episodi pubblici nei quali sono stato semplice spettatore (il dibattito sulla sua legittimità, il processo, le parolacce, il British College) a Baffo e Rita (allora questi eravamo). Né rimane solo uno piccolo, quello del deodorante, ma non lo posso raccontare, però sappiate che un deodorante ha pericolosi effetti collaterali.
Dunque, per 4 anni pieni mi sono goduto in beata solitudine il silenzioso ma attento microbo biondo ossigenato allora, caratterizzato da piccole magliette scollate a righe e uno sguardo sempre di sguincio da cui ti scrutavano occhi azzurri di inspiegabile provenienza, che poi sarebbero diventate il suo sguardo carismatico (mio fratello è un “toco” diceva non poco tempo fa la PaLola. Ora, il mio precedente commento su di lui si concludeva con l’immagine di una guerra tra fratelli. Non è un’immagine precisa: non c’è stata nessuna guerra dichiarata (semmai semplici, normali scontri di confine tra fratelli contigui, e infatti narrativamente per questa via non si va da nessuna parte, non c’è trama né personaggi, ma solo episodi, questo a differenza del post dello zio Valentino). Oramai avete capito che a casa siamo sei fratelli e due genitori, geneticamente, fisionomicamente e cromaticamente confusi, se pensi a un certo punto di averne acchiappato uno/a e averlo accoppiato a un altro/a, scopri subito che ti sei sbagliato. E tutti quanti, nella loro diversità, hanno caratteri forti (volete un invito a pranzo per capirlo?). Quindi ne approfitto per una correzione, che va nella direzione delle normali dinamiche di convivenza tra fratelli e specialmente tra fratelli vicini.

I, Fabri, and Me (ovvero dal Carini a Chicago)



Per capire quello che voglio dire e per agganciarmi all’esperienza comune, dico che c’è un’altra via (ermeneutica, che non è una parolaccia) che da sempre ha spiegato questi rapporti, che faccio pure fatica a definire conflittuali, ma semplicemente normali rapporti tra picciriddi che si vogliono bene ma che non si sono scelti, specialmente non hanno scelto chi doveva venire dopo di loro o non si aspettavano di essere gettati in un essere che comprendeva un fratello maggiore. Questa via di comprensione è in realtà un’autostrada, la Palermo-Mazara del Vallo (dove Baffo si schiantò da giovane, peraltro). In molti sanno che la guida a Palermo ha regole precise: non ci sono regole. La macchina sfida il camion esigendo sistematicamente la precedenza, da qualunque direzione venga, il motorino orbita intorno alla macchina a suo piacimento, il pedone disprezza tutti i veicoli, attraversando la strada all’improvviso e manifestando la sua superiorità voltando la faccia dal lato opposto. E quest’atteggiamento alla Clint Eastwood è particolarmente tipico delle signore anziane (quelle che non guidano, che rappresentano un caso a parte.
Il gatto mangia il topo certo, ma spesso il topo mangia anche il gatto. Immaginatevi di trovarvi all’altezza di Sferracavallo, tra le gallerie, o soprattutto sulla discesa tra Capaci e Carini. Entrambe finiscono con due curvoni da Gran Premio. Ci sono due macchine, quella davanti è una Panda quella dietro una BMW. Tuttavia potrebbe benissimo essere il contrario. Quello della BMW sta da avanti e se la fissía, e quello che ha la Panda si innervosisce, “ma cchi sì chiantatu, picchi un ti canziii, ccchi ci suoni, solo picchi c’hai stu machinuni, Pi-nò, guadda che vvene ‘dda nodde – moglie catanese - picchi a nuovrd – pronuncia secondo alfabeto fonetico internazionale – ‘un ciannu u contachilometri”. Il guidatore della Panda ammaccata con scritto dietro Turbo o Squadra Corse, oramai fuori di se eppure ancora dentro la macchina, gioca di cambio, si sposta leggermente sulla corsia di sorpasso, “si fa vedere negli specchietti”, seconda, terza, seconda, terza e intanto lampeggia (fuori) e tuona (dentro). Arrivato alla discesa, allazza e capisce che è il momento del sorpasso. All’altro non gliene potrebbe di meno, ma la Panda ormai è lanciata, approfittando della curva dell’uscita Capaci/Isola. Con fatica, a meno che non sia stata truccata alla Noce, la Panda arranca, si affianca, lentamente vede scorrere prima il serbatoio, poi la porta posteriore, quella anteriore, e i due specchietti si allineano, per pochi interminabili secondi, in cui la Panda rivede tutta la sua vita, ma arrivata alla curva del Saracen, ecco il guizzo finale degno di Sato su Heidefeld, la Panda s’infila di misura e passa la BMW. Segue ripetuto movimento del braccio a pompa alto-basso (ssssìiiiiii!), giro del torso, parolaccia di rito ed esposizione semicircolare del dito indice, seguendo il profilo della curva: va piggghiami…
Tutto questo per dire che il mio rapporto con Fabrizio, con cui ho trascorso 14 anni, è stato come spesso tra i fratelli, un lungo rettilineo di questo tipo (quale che sia la macchina, prima la Panda veniva bene, ma potrebbe benissimo essere la BMW che si lamenta della Panda in corsia di sorpasso che gli mangia i pneumatici. Insomma, posso dire di avere la sensazione di stare in una macchina davanti e di avere il fiato dietro. Ogni tanto, con la crescita del piccolo, i primi tentativi di sorpasso, normali tratti tranquilli, e qualche lamentela (ma come, io alla sua età non facevo questo: Fabri zitto zitto, in senso letterale e metaforico, acquisiva i privilegi che il battistrada aveva combattuto per ottenere). Insomma, la solita consolidata dinamica di tutte le famiglie: anche Richie e Joanie Cunningham. La realtà era fatta un po’ così, gare tra biciclette nel giardino della casa di Valdesi in cui lui mi superava alla fine, riuscendo a pedalare su una minibicicletta a velocità vorticose, superandomi sempre all’ultimo tratto (devo dire a mia discolpa che io avevo una Graziella, decisamente più alta e difficile da controllare in curva, lui era un tutt’uno, micro-bici e micro-pilota).
Poi, io all’università e ognuno per la sua via. Due personalità con caratteri e interessi che più diversi non si può. Senza mai di fatto guardarsi negli occhi. Oddio, lui ogni tanto, quando ci pigliavamo e legnate, e stava per perdere, mi guardava fisso, innestava una specie di turbo, cominciava a sudare e a roteare le mani ed era finita. Meno male che arrivò Alessandro, alleato trasversale, notato di ottimo morso alle caviglie. Ma ripeto, non c’era cattiveria, solo un tetto in comune e interessi diversi. Tanto normale che i genitori lo danno per scontato. Ma bisogna avere pazienza…

… finché è comparsa “Maripersempre” che ci ha messi di fronte con la sua semplicità acqua e sapone. Per superare vite parallele, ci vuole un terzo scrittore: probabilmente Plutarco aveva un fratello minore! E quello che almeno io ho capito è non la solita stupidata che si dice, io ero sempre presente (sta sfincia, con rispetto parlando), ma invece che lui era una parte di me e io una parte di lui, lo eravamo diventati senza rendercene conto e con il passare del tempo. Avevamo solo bisogno di bagliore di dolcezza mostrato da sua moglie in mezzo a uno dei suoi rari intervalli nel raptus da shopping. Le cognate/mogli servono anche a questo, basta che non siano catanesi… Ma non potevi dire tutto questo in tre righe? Sì, ma volete mettere il contesto…
Certo qualcuno forse non è arrivato a leggere il finale, ma in fondo il fondo poco importa.

Divagazioni artistiche ha detto...

Ho sbagliato a digitare e ho scritto senso con la z...
Sorry

Anonimo ha detto...

Shanà... sarai pure professore di filosofia (tanto di cappello) ma non ti si segue... puoi scendere al livello cognitivo dei comuni mortali?

Screwball ha detto...

Scenderò, mi dispiace

Anonimo ha detto...

Che dire? Mi è sembrato di leggere episodi di vita di qualcun altro... fughe e nascondigli: forse solo ora sto cominciando a "ritrovarmi"!

Il fuggitivo

Screwball ha detto...

Ci si ritrova costantemente, guardandosi negli occhi degli altri...

Screwball ha detto...

Fabri, innanzitutto auguri di buon primo anniversario a te e Marina e a colui che verrà.

Vorrei aggiungere a questo punto qualche altra storiella di Fabri avvenuta nei primi anni palermitani.
Innanzitutto, Fabri ha un marchio di fabbrica: da quando ha compiuto tre anni: a quell'età, durante una bella gita a Torretta, nel pomeriggio, non ricordo come, è scivolato, rompendosi (si dice così?) l'arcata sopraccigliare. Baffo era incerto se dargli dei punti, ma non lo fece e così Fabrizio ha una cicatrice ancora visibile, di cui papà per molto tempo si è rammaricato (l'avessi fatto...). L'anno dopo, si ruppe l'altra, girandosi a Mondello di scatto e beccando lo spigolo di una cassapanca, l'anno seguente lo feci volare, dopo allegri salti sul lettone matrimoniale su un altro spigolo, stavolta quello precedente. In entrambi questi casi, papà non ebbe esitazioni, se lo portò in studio e gli diede dei punti, che lui subì in stoico silenzio...

Sempre in quella stanza gli insegnai (di fratello in fratello) le prime parolacce, ma dinanzi all'accusa dei miei negai recisamente (bella parola, starebbe bene in un discorso di Paola). Dopo vare assicurazioni, si va a letto, buonanotte, bacino e... comincia la lezione, diciamo le basi, cose che oggi sarebbe innocque, almeno prese da sole, non rivolte a qualcuno. A un certo punto si accende la luce e viene fuori papà dall'armadio dove si era nascosto... e vabbè, finì a ridere e, certe volte ridere aiuta a capire le cose.

Invece, stessa situazione, quel disgraziato (comunemente definito in gergo familiare "malupuerco") decise che si sarebbe nutrito di soldatini. Li masticava e li rimetteva nella cassapanca, sempre quella. Finché la cosa non fu scoperta. A domanda, dichiarò che lui era estraneo al fatto... allora se non sei stato tu è stato Marco, certo e deve essere punito... faccia dura, come un criminale incallito. Non confessò, se non dopo una mediazione di MiaMammaCop. Comunque io mi vndicavo rubandogli i soldatini con l'inganno con scambi e si dividevano tra la frode, il furto e la circonvenzione di minore.

Ci fu poi un altro evento, sempre concernente la cassapanca, che cominciò a emanare strane esalazioni: direi che però questo spetta a lui o a Baffo raccontarlo.

Fabri, ti ricordi quando abbiamo preso da soli un aereo al volo, è il caso di dirlo, a Roma dopo essere stati lasciati a Fiumicino dai genitori?

PS: avete notato che le parole da verificare sono ricorrenti?
Se volete fargli gli auguri, hiamate Fabri sul cellulare (così non finisce il libro) perché oggi non è a casa, si gode i tramonti a Terrasini)

Anonimo ha detto...

3 pesti in confronto
a 3 angioletti!!
I maschi hanno sicuramente dato più filo da torcere...non è un caso che siano nati tutti e 3 prima, richiedevano le energie di genitori giovani,
e non è un caso che la più tranquilla sia nata per ultima!!!
io non riesco a ricordare una sola monelleria compiuta nella mia infanzia!!
ma ne ho fatta qualcuna? o le ho solo subite? vorrei ricordare lo scherzo maligno organizzato da ale, paola e betta a b6, svegliata nel cuore della notte e portata in cucina a bere il suo latte quotidiano e fatta preparare per andare a scuola e poi ovviamente rimandata a dormire visto che erano le 4! bravi bravi

B6

Anonimo ha detto...

B5 dice spirito indipendente e senso pratico...probabilmente queste cose mi accomunano a B2, più la seconda che la prima

B6

Screwball ha detto...

Cuorcontento,

non sapevo dello scherzo del latte...
di solito comunque, al meno di piccoli, i maschi sono più facile da crescere... poi non so, credo che mamma e papà potranno dirtelo con più certezza.
Sinceramente, ma non è la prima volta che mi sbaglio, credo che tu e Fabri siate molto diversi, come ho scritto in altri post, effettivamente la genetica ha avuto anche dei riflessi spirituali, cioè ci sono aspetti di ognuno di ognuno... e alcuni si rivelano nel tempo. In questo momento, per me tu sei la fotocopia di mamma adesso come forse Paola assomiglia molto a mamma come era prima, diciamo che nascesse ale.

Ma potrei sbagliarmi.

L'unica cosa che mi sembra inevitabile e ineluttabile è una simile inclinazione di carattere tra Baffo, B1 e B4. Ma ci sono incroci minori tra B1-B3-B5, tra B3 e B6 (prima più evidenti) e così via... ma insomma questo vale quello che vale!
Ale dovrebbe raccontare qui gli scherzi che facevamo a lui...