La mia foto
Palermo, Italy
Vivo in Sicilia, sono medico dentista,sposato con una moglie eccezionale e ho sei figli.Fra poco diventerò nonno per la prima volta. Il prossimo arrivo di questo nipote mi ha messo davanti a questa nuova tappa del mio viaggio, e mi sono reso conto che devo rimettermi in cammino con più entusiasmo, allegria e spirito giovanile. Alè si riparte! Ad un anno di distanza, come potete ben vedere dalla nuova intestazione del blog e dalla nuova foto, il cammino è stato felicemente intrapreso !

mercoledì 27 agosto 2008

Album di familia : " Una preziosa coppia di amici ".















Vi chiederete come mai la foto di alcuni amici di Baffo e di Mamma E.R. sia finita nella sezione "album di famiglia". E' mia convinzione che un rapporto amicale intimo e profondo faccia delle persone dei componenti acquisiti a pieno titolo del proprio nucleo familiare, condividendone la vita in tutte le sue sfaccettature. Marco e Lucia furono conosciuti da me e Rita nel lontano 1975 ,come partecipanti ad un corso di orientamento familiare, e da allora una frequentazione continua ci ha portato in questi 33 anni a condividere le gioie e i dolori delle nostre famiglie. Quella di Marco e Lucia è una bellissima famiglia ricca di 7 splendidi figli(4 maschi e 3 femmine),anche loro sparsi un po' per tutto il mondo, solo 2 infatti abitano ancora con i loro familiari. Quasi fin dall'inizio della nostra conoscenza Marco e Lucia sono diventati collaboratori attivi e fondamentali delle iniziative che io e Rita abbiamo portato avanti negli anni in campo educativo: clubs per giovani, centri scolastici, centri di orientamento familiare a Palermo e per tutta la Sicilia. Oggi sono promotori e conduttori in prima persona dell'Assoiciazione FA.R.O(Famiglia,Realtà, Orientamento) http://associazionefaro.blogspot.com/ .
Per chi non lo sapesse Lucia è la "Biancaneve" del blog in rete ( codiviso con Marco: "il Cacciatore", e i figli: "i 7 Nani" appunto ). Vi basterà cliccare sul link di Biancaneve riportato a fianco per entrare nella casa fantastica, reale e soprattutto allegra di questa famiglia e condividere gli aspetti della loro intensa e variegata vita quotidiana. Penso che basti.
Aggiungo solo molto opportunamente anche se può sembrare scontato :
" che chi trova un amico trova un tesoro, due poi ! "

venerdì 22 agosto 2008

" Per ricordare Marina "

Forse non vi ho mai detto che Beppe, il fratello di Mamma E.R. (il neo-preside della facioltà di Agraria di qualche post fa) , ci ha emulato essendo anche lui papà di 6 figli che sono i miei spendidi nipoti. In ordine: Luca, Raffy (Raffaella), Sisa (Luisa), Giulia, Antonio e Boba (Roberta).
Vi chiederete perchè non ho subito citato anche il nome della loro mamma, il motivo è semplice: la cara Marina ci ha lasciato nell'ottobre del '95, prematuramente a 41 anni, per un male incurabile, andandosene in cielo. Ho sempre rinviato la scrittura di queste righe perchè è stato per me molto difficile trovare lo spirito e le parole adatte per parlarvi di questa grande donna che è stata mia cognata. Ora ci sto provando. Quando dico grande, non è per enfatizzare, poichè Marina era anzi una donna schietta e semplice, ma "grande" nel condurre la sua pur breve esistenza di professionista, era dottoressa in farmacia, e di mamma di 6 figli. Figli dei quali ha curato in maniera attenta e puntuale, insieme al marito, l'educazione e la crescita umana.Ricordo come conciliava l'assorbente lavoro professionale in farmacia, dove dava al cliente un'assistenza competente e gentile, e l'impegnativa conduzione di una famiglia numerosa come mamma e come moglie di un marito ottimo ma ad un tempo molto esigente. I figli abbracciavano un arco di età di 14 anni, dai 16 anni di Luca ai 2 di Boba, e Marina aveva la capacità di dare ad ognuno di loro l'affetto e le cure di cui avevano bisogno. Donna dalla fede forte ed immediata si abbandonò totalmente nelle mani del Signore. Ciò che ricordo meglio sono ancora gli ultimi 2 anni della sua preziosa vita, cioè gli anni della sua malattia, affrontata con coraggio e con disponibilità verso gli altri, riuscendo sempre, anche se con un velo di malinconia, a donarci il suo dolce sorriso. Ero vicino a lei qualche poco tempo prima che spirasse e mentre si lamentava sommessamente per il dolore che aveva all'addome, mi sussurrò che non aveva più la forza di lottare, poi salutò il suo Beppe rammaricandosi di lasciarlo da solo con un carico così gravoso da portare avanti. Se ne andò in punta di piedi e con grande serenità, addormentandosi nel Signore.
Non mi va di dire altro perchè la commozione in questo momento mi sta assalendo, aggiungo soltanto che dal cielo ha continuato a fare il suo dovere , sostenendo il marito, di cui dico soltanto che oltre ad essere un ottimo padre, pur coi limiti di tutti noi, è riuscito a surrogare anche il delicato ruolo di madre, colmandone al meglio l'assenza.
Ciao Marina, tranquilla, che Beppe grazie a te ce l'ha fatta alla grande !

IL 30 agosto, giorno del suo compleanno, invito tutti coloro che ebbero la fortuna di conoscerla di renderle omaggio ricordandola con una affettuosa preghiera.








martedì 19 agosto 2008

" Scacco matto " !
















Fig.1- Scacchiera




Fig.2- Giocatori di scacchi




Fig.3- Marcello




Fig.4- Sergio


Frequentavo il 2° anno di medicina, e in quel periodo stavo preparando l'impegnativo esame di Anatomia Umana. Studiavo insieme a due colleghi di corso: Marcello ora anestesista, e Sergio ora anche lui dentista. Era a casa di quest'ultimo che ci riunivamo di primo mattino per dedicarci allo studio di questa materia. Si sa, penso sia stata esperienza di molti studenti, che quando si è impegnati in maniera particolare intellettualmente, si cerchino ogni tanto delle pause per allentare la tensione , e far riposare la mente, per poi riprendere con più concentrazione lo studio.Le pause venivano impiegate nella maniera più svariata e creativa. C'era comunque sempre come parte fissa, la pausa caffè, con una componente gastronomica, a cui provvedeva quasi sempre la mamma di casa, preoccupata che il suo "povero" figliolo, sotto stress, rischiasse di deperire per il troppo impegno. Messo a tacere lo stomaco si passava al passatempo di turno che cambiava periodicamente. Ne ricordo alcuni, spesso ingenui, ma praticati con molta applicazione ed accanimento: il gioco della pulce; il record di durata, con aggiornamento di classifica, nel far girare un improvvisata trottolina che poteva essere ora una moneta ora un cappuccio di penna; la costruzione della torre più alta con le carte da gioco; e pensate un pò: una sorta di basket da camera, con tiri piazzati, dove fungevano da palla pacchetti di sigarette (allora fumavamo tutti Super con filtro dal colore arancione e blu) appallottolati e come canestro un vaso di porcellana, che correva grossi rischi, situato su di una mensola della stanza di studio. Tutto ciò può sembrare veramente ridicolo per degli studenti ventenni futuri seguaci di Ippocrate. Ma posso assicurarvi che la nostra laurea si è costruita anche su queste "banalità". Eravamo a pochi mesi dall'esame, e dovendo pure frequentare le lezioni il pomeriggio, decidemmo di intensificare le ore di studio, rubando il tempo al sonno. Iniziavamo (non è una bugia) verso le 5 ,3o del mattino, praticamente al buio, prima dell'alba, essendo ancora inverno. La prima pausa avveniva circa alle 8. Caffè, brioche, ed ecco che Sergio una mattina a sorpresa chiede: sapete giocare a scacchi? Risposta negativa da parte mia e di Marcello. Ed ecco che tira fuori dal cassetto della scrvivania su cui studiavamo una scacchiera ed una scatola con dentro le pedine degli scacchi. E lui, esperto giocatore, comincia a illustrarci : nomi, collocazione e movimenti dei singoli pezzi sulla tavola da gioco: re, regina, alfiere, cavallo, torre ecc. Senza un vero interesse cominciammo a fare qualche mossa e dopo un pò smettemmo. Il giorno dopo la cosa si ripetè, e anche i giorni a seguire. E fu così che in capo a 10 giorni circa iniziammo delle vere partite-sfida dove chiaramente Sergio aveva sempre la meglio. L'orario di inizio di quell'improvvisato mini torneo veniva anticipato sempre più e così pure la sua durata. Finchè ci ritrovammo alle 6,30 del mattino concentratissimi sulla scacchiera per decidere quale fosse la mossa migliore, il tutto a scapito delle ore di studio. Una mattina sul più bello di una partita entrò nello studio il padre di Sergio, un veterano degli scacchi come scoprimmo poi, il quale dopo un primo momento di stupore e di paternalistico rimprovero, si soffermò ad osservare la disposizione dei pezzi sulla scacchiera, e schierandosi dalla parte del giocatore più in difficoltà in quel momento, e cioè io, mi suggeri di fare alcune mosse, che mi portarono a ribaltare le sorti della partita, e ad esclamare con entusiasmo ai danni dell'avversario il fatidico: "scacco matto", abbattendo con l'indice il suo re sulla scacchiera.
L'obiettivo per un principiante come me era stato raggiunto, avevo in qualche modo imparato a giocare a scacchi alla meno peggio. Era ora di tornare a studiare con più continuità ed impegno, ma soprattutto di trovare un nuovo passatempo per i nostri momenti di pausa.

giovedì 14 agosto 2008

Upstate New York : una sbornia da marine !
































Fig.1- Hudson Rive Valley
Fig.2- Pound Ridge Reservation
Fig.3- Casa Clarke
Fig.4- Marines Corp

( Stati Uniti 4° puntata )


Un mio amico di Palermo, Nino Mattina, un pò più grande di me, era stato per un anno, con una borsa di studio dell'USIS, ospite presso la famiglia dello scrittore e sceneggiatore William Kendall Clarke che giusto quando mi trovavo negli States aveva in libreria il bestseller dell'anno "Tomfool's Pike". Nino mi affidò, prima di partire, una lettera dicendomi che se fosse stato possibile la consegnassi di persona alla famiglia dove aveva vissuto per un anno. I Clarke abitavano Upstate NewYork, a circa 30 miglia dalla metropoli in una zona boscosa della valle dell'Hudson River chiamata Pound Ridge Reservation, un posto favoloso dove avevano acquistato e ristrutturato una "farm" completa di silos e granaio, dipinta di color bianco e immersa in una folta vegetazione dal verde intenso e con un laghetto attiguo.
Li contattai telefonicamente e quando seppero che un amico di Nino si trovava in America e per di più con una lettera da recapitare, mi invitarono subito a passare qualche giorno presso di loro.
E così verso la fine di settembre, mio cugino mi ci condusse con la sua Plymouth, un giovedì mattina. Ricevetti un'accoglienza eccezzionale: Nino aveva sicuramente lasciato il segno con la sua proverbiale simpatia. La famiglia Clarke era composta da papà William e mamma Louise, due persone umanamente splendide, due figlie sposate ed un figlio, Ralph, che frequentava l'università, ma visto che era estate faceva il baywatch (il nostro bagnino) in una spiaggia sul fiume, per guadagnarsi il denaro per gli studi. Abitava insieme alla famiglia, George, un amico del figlio, un ragazzone robusto e dal volto simpatico e rubicondo che faceva loro da giardiniere per guadagnare anche lui il necessario per mantenersi agli studi. George era un ex marine che si era congedato da poco. La maggior parte del tempo la trascorrevo con lui che lavorava nel giardino di casa aiutandolo, e il pomeriggio andavamo in giro col suo originale maggiolino giallo per l'accogliente contea di Westchester. Il sabato sera successivo, come è di uso negli Stati Uniti, dopo una cena della ottima cuoca Louise, ucii insieme a Giorge e ci incontrammo con un gruppo di suoi amici, anch'essi ex marines. Iniziò il classico giro dei bar della contea, a bere birra (cosa che non avrei potuto fare non avendo i 18 anni previsti dalla legge) , chiaccherando allegramente di qualsiasi argomento di attualità. Dopo il quarto o quinto bar, non ricordo più, avevo ingurgitato, per emulare gli altri, non so quanta birra, sicuramente tanta, cosa che ai robusti marines non provocò alcun disturbo, ma che a me causò una tremenda nausea: l'intero mondo mi girava intorno e finii col vomitare (scusatemi) tutto il vomitabile. E pensate un pò: mentre mi stavo appena riprendendo e giuravo a me stesso che non avrei mai più bevuto birra in vita mia, almeno in quella quantità, fui raggiunto da poderose pacche sulle spalle da parte di tutti, accompagnate dall' entusiastica esclamazione: " Hey, Joe man " !
Avevo avuto il battesimo della mia prima sbornia, come pare di prassi da queste parti. Per loro sembrava tutto previsto. Ero stato nominato sul campo: " Marine ad honorem ".

mercoledì 6 agosto 2008

1961 : " Sul cocuzzolo della montagna "

Fig.1-Saas Fee - Fig.2-Vallese-Alpi Svizzere





















Fig.3-Allalinhorn - Fig.4-Vie dirette alla vetta


















Fig.6-Il Ghiacciaio dell'Aletsch


Fig.5- Io, Marion e Willie

Prendo a prestito il titolo di una vecchia canzone di Rita Pavone per dare lo spunto ad un ricordo dell'estate del 1961. Quell'anno, avevo 17 anni, passai le mie vacanze in Svizzera, ospite dei miei amici di Zurigo, la famiglia Reinhard, con i quali poi mi recai nel mese di agosto nel Cantone del Vallese, per trascorrere qualche settimana in montagna, e precisamente a Saas Fee, un delizioso paesino delle Alpi Svizzere a 1800 m. di quota, caratterizzato dai tipici chalet in legno, con rossi gerani nelle fioriere dei balconi. Il traffico motorizzato era vietato, per cui si viveva in un'atmosfera silenziosa e a misura d'uomo, dove tutti incontrandosi per le pittoresche stradine si scambiavano il saluto nelle lingue più diverse.
Solo un passo indietro nel tempo per dirvi della mia amicizia con questa famiglia zurighese. Fin dall'età di circa 10 anni mi recavo ogni estate con i miei nonni materni a Montecatini, mio paese natale, dove si dedicavano alle cure termali. Lo stesso motivo portava lì ogni anno la famiglia Reinhard che alloggiava nella stessa nostra pensione. Facevano parte del nucleo familiare oltre ai genitori e all'arzilla nonna materna, i due figli Ernestalex, della mia stessa età, e il fratellino Dany, un simpaticissimo bambino di 5 anni dai capelli rossi e lentigginoso. L'amicizia fra me e la famiglia si rinsaldò negli anni e fu così che mi ritrovai in vacanza insieme a loro nel Vallese in quell'agosto del 1961.
Le attività che svolgevamo erano tipiche di un paese alpino: marce in alta quota lungo i sentieri di montagna da un rifugio all'altro, con attraversamento del ghiacciaio dell'Aletsch, il più lungo d'Europa con i suoi 23 km. ; scuola di arrampicata in sicurezza, con funi e imbracature, con i maestri rocciatori della valle. Si decise di fare la scalata dell'Allalinhorn, la cima più alta del luogo, di 4027 m. Contattammo la guida che doveva accompagnarci, e così, un pomeriggio del mese di agosto, partimmo da Saas Fee io, Ernestalex, Marion, una ragazza olandese che abitava nel nostro stesso albergo, e la guida Willie, un uomo asciutto, alto ed abbronzatissimo, molto somigliante all'attore Gary Cooper, che ci fece subito capire che chi comandava era lui, atteggiamento che gli competeva visto che era il responsabile della nostra incolumità in un'impresa che comunque comportava un qualche rischio. Da quota 1800 raggiungemmo verso il tramonto il rifugio base la Langfluh-Hutte a 2890 m. Dopo aver cenato in una sala affollata da altri escursionisti, siamo andati a dormire alle 21 circa. La sveglia fu alle 3 del mattino, poichè bisognava attraversare il ghiacciaio prima del sorgere del sole quando la neve era ancora dura e compatta. Legati in cordata con in testa Willie inizziammo l'ascensione. L'atmosfera era surreale: silenzio, il rumore dei nostri passi e i secchi comandi della nostra guida, alla quale ubbidivamo prontamente. Ogni tanto ci fermavamo per riprendere fiato e per mangiare un pezzo di cioccolata o una zolletta di zucchero. Cominciava ad albeggiare e si intravedeva la vetta che dovevamo raggiungere. Cosa che avvenne verso le 6.30 in coincidenza con i primi luccicanti raggi di sole che si riflettevano sulla candida neve. Il panorama di tutte le cime alpine, nitide in quella limpida mattina, e illuminate dai bagliori del sole era uno spettacolo che difficilmente dimenticherò. Dopo una sosta in cima di circa mezz'ora, riprendemmo il cammino in discesa verso il rifugio base. Da lì raggiungemmo verso l'ora di pranzo il nostro albergo, dove, i componenti la spedizione, fummo accolti calorosamente dalle famiglie in attesa. Non era certo il tetto del mondo che avevamo raggiunto, ma per noi giovani e improvvisati scalatori fu come se lo fosse stato !