Molti dei cristiani di oggi, non riescono ad essere un modello coerente di fedele che contagi il prossimo, portandolo a credere e ad amare Dio, per il fatto che vivono il loro cristianasimo in una sorta di "schizofrenia spirituale". Mi spiego meglio: la loro vita si svolge molto spesso lungo due vie parallele che non si incontrano quasi mai. Una via viene percorsa nel quotidiano, lontano da Dio, affaccendandosi spesso in maniera angosciante, nel portare avanti studio, lavoro, famiglia e quant'altro di umano c'è nella loro esistenza. L'altra invece solo in maniera incostante ed episodica viene percorsa vicino a Dio, spesso limitatamente alla S.Messa domenicale e ad alcuni rari momenti di preghiera, dettati dalla necessità di ottenere qualche favore di tipo materiale.
L'uomo credente di oggi, vive questi due ruoli in maniera antitetica , con uno scollamento fra il piano umano e il piano soprannaturale. Non si rende conto che la coerenza di un figlio di Dio è quella di trovare il valore divino in tutto ciò che è veramente umano. E' il contingente e il presente della propria quotidianità che va santificato, momento per momento, per acquisire quel valore aggiunto che lo rende, dandogli qualità soprannaturale, degno di Dio.
I cristiani spesso vivono due realtà separate e sovrapposte: quella di fedeli domenicali che si incontrano episodicamente, a motivo della S.Messa, con Nostro Signore, e quella dei fedeli feriali, che vivono la loro settimana affaccendati nel quotidiano e ai margini del soprannaturale, non ritenendolo necessario alla crescita della propria interiorità spirituale.
E' solo quando queste due realtà si incontrano in una sola persona che può scaturire la figura di un cristiano al cento per cento.
"Unità di vita", per un cristiano, vuol dire appunto superare questa schizofrenia dell'anima, di cui siamo affetti, per dare vita ad un uomo che viva la sua realtà soprannaturale, cercando e trovando Dio , suo Creatore, in tutto ciò che di buono c'è nella realtà umana. Il mondo deve avvicinarci al cielo e non allontanarcene come molto spesso avviene. Dobbiamo essere cristiani a tempo pieno.
Vorrei concludere questa breve riflessione , citando un passo di un'omelia di san Josemaria Escrivà, il santo dei laici, del 1967, dal titolo "Amare il mondo appassionatamente", la cui lettura, tanti anni fa, mi ha aiutato a capire cosa vuol dire veramente "unità di vita" per un figlio di Dio.
"Vi assicuro, figli miei, che quando un cristiano compie con amore le attività quotidiane meno trascendenti, in esse trabocca la trascendenza di Dio. Per questo vi ho ripetuto, con ostinata insistenza, che la vocazione cristiana consiste nel trasformare in endecasillabi la prosa quotidiana. Il cielo e la terra , figli miei, sembra che si uniscano laggiù, sulla linea dell'orizzonte. E invece no, è nei vostri cuori che si fondono davvero, quando vivete santamente la vita ordinaria..."
L'uomo credente di oggi, vive questi due ruoli in maniera antitetica , con uno scollamento fra il piano umano e il piano soprannaturale. Non si rende conto che la coerenza di un figlio di Dio è quella di trovare il valore divino in tutto ciò che è veramente umano. E' il contingente e il presente della propria quotidianità che va santificato, momento per momento, per acquisire quel valore aggiunto che lo rende, dandogli qualità soprannaturale, degno di Dio.
I cristiani spesso vivono due realtà separate e sovrapposte: quella di fedeli domenicali che si incontrano episodicamente, a motivo della S.Messa, con Nostro Signore, e quella dei fedeli feriali, che vivono la loro settimana affaccendati nel quotidiano e ai margini del soprannaturale, non ritenendolo necessario alla crescita della propria interiorità spirituale.
E' solo quando queste due realtà si incontrano in una sola persona che può scaturire la figura di un cristiano al cento per cento.
"Unità di vita", per un cristiano, vuol dire appunto superare questa schizofrenia dell'anima, di cui siamo affetti, per dare vita ad un uomo che viva la sua realtà soprannaturale, cercando e trovando Dio , suo Creatore, in tutto ciò che di buono c'è nella realtà umana. Il mondo deve avvicinarci al cielo e non allontanarcene come molto spesso avviene. Dobbiamo essere cristiani a tempo pieno.
Vorrei concludere questa breve riflessione , citando un passo di un'omelia di san Josemaria Escrivà, il santo dei laici, del 1967, dal titolo "Amare il mondo appassionatamente", la cui lettura, tanti anni fa, mi ha aiutato a capire cosa vuol dire veramente "unità di vita" per un figlio di Dio.
"Vi assicuro, figli miei, che quando un cristiano compie con amore le attività quotidiane meno trascendenti, in esse trabocca la trascendenza di Dio. Per questo vi ho ripetuto, con ostinata insistenza, che la vocazione cristiana consiste nel trasformare in endecasillabi la prosa quotidiana. Il cielo e la terra , figli miei, sembra che si uniscano laggiù, sulla linea dell'orizzonte. E invece no, è nei vostri cuori che si fondono davvero, quando vivete santamente la vita ordinaria..."
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