Troppo spesso si dice che una relazione fallisce lì dove fra le due persone che le danno vita, cioè fra amici, fra docenti e alunni, fra geniori e figli, fra marito e moglie, fra uomo e Dio, non vi è dialogo. Se questo è senz'altro vero, bisogna allora chiedersi perchè la dove questo dialogo c'è, succede anche che a volte la relazione fallisca lo stesso. Ciò è dovuto a mio modo di vedere al fraintendimento di ciò che si intende per dialogo. Cercherò di chiarire il vero significato di ciò che va inteso come vero dialogo, sevendomi di alcuni paragrafi di un libro che mi è capitato di leggere di recente, e che nella sua semplicità e linerarità chiarisce l'equivoco sull'uso di questo vocabolo, oggi spesso tanto abusato, sia in riferimento alle relazioni fra gli uomini tra di loro che fra quelle tra gli uomini e Dio:
" Lo stile proprio del servizio è il dialogo, quel linguaggio dell'amore, in cui l'amore stesso si manifesta come attenzione e disponibilità agli altri. La fatica di amare si riflette perciò inevitabilmente nelle resistenze e nei rischi propri del dialogo. Come la gratuità dell'amore viene inaridita dalla possessività, così il dialogo non esiste realmente lì dove non sia suscitato da una iniziativa gratuita, libera dal calcolo. Nulla si oppone di più all'autenticità del dialogo che la strategia o il tatticismo: dove il dialogo è strumento per dominare l'altro o per usarlo ai propri fini, lì cessa di esistere. Il dialogo ha la dignità del fine e non del mezzo: esso vive di gratuità e si propone come un'offerta di incontro che sgorga dalla gioia di amare.
Per dialogare veramente è, poi, necessario unire alla gratuità l'accoglienza dell'altro: il dialogo non si sviluppa lì dove la dignità dell'altro non è rispettata e accolta. Il dialogo ha bisogno dello scambio, in cui il dare e il ricevere sono misurati dalla gratuità e dall'accoglienza di ciascuno dei due. La massificazione - che igora l'originalità dell'altro - esclude ogni dialogo, e quindi ogni autentico atteggiamento di servizio.
Chi pensa di non aver bisogno degli altri resterà nella solitudine di una vita senza amore. Chi si mette alla scuola dell'altro e si fa servo per amore, offrendo se stesso in dono, costruisce legami di pace e fa crescere intorno a se la comunione. Anche nel Dio tre volte santo il Padre è eterna gratuità e il Figlio eterna accoglienza: l'eterno Amato davanti all'eterno Amante ci insegna come anche il ricevere sia divin0! Veramente la gratitudine di chi si lascia amare è essenziale all'amore, almeno quanto la gratuità che ne è la sorgente.
Il dialogo, infine, è autentico quando si presenta come un'esperienza liberante, aperta agli altri, inclusiva e mai esclusiva dei loro bisogni e delle loro inquietudini. L'incontro dei due deve rendere possibili altri incontri: esso proietta fuori del cerchio dello stare a gurdarsi negli occhi, verso il vasto mondo della solidarietà.
Solo così nell'esperienza del dialogo l'accoglienza e il dono di se all'altro non si oppongono fra di loro, ma sono in certo modo l'uno la forza e l'autenticità dell'altro: ciò che è donato e ricevuto nel dialogo fra i due, esige di essere ancora offerto in sempre nuovi itinerari di amore e di servizio. Dialogando, si sprigionano le energie nascoste dell'amore, e l'esistenza, lungi dal chiudersi in se stessa, si proietta fuori di sè, facendosi servizio e dono. Quest'apertura all'esterno non solo non mortifica la comunione di coloro che dialogano, ma la rende vera e gioiosa. "
Spero che queste brevi considerazioni siano state utili per aiutarvi a capire meglio quale sia la vera ricchezza che è racchiusa nel dialogo!
P.S. Dal testo " Lettera ai cercatori di Dio ", CEI - ed.San Paolo 2009
Per dialogare veramente è, poi, necessario unire alla gratuità l'accoglienza dell'altro: il dialogo non si sviluppa lì dove la dignità dell'altro non è rispettata e accolta. Il dialogo ha bisogno dello scambio, in cui il dare e il ricevere sono misurati dalla gratuità e dall'accoglienza di ciascuno dei due. La massificazione - che igora l'originalità dell'altro - esclude ogni dialogo, e quindi ogni autentico atteggiamento di servizio.
Chi pensa di non aver bisogno degli altri resterà nella solitudine di una vita senza amore. Chi si mette alla scuola dell'altro e si fa servo per amore, offrendo se stesso in dono, costruisce legami di pace e fa crescere intorno a se la comunione. Anche nel Dio tre volte santo il Padre è eterna gratuità e il Figlio eterna accoglienza: l'eterno Amato davanti all'eterno Amante ci insegna come anche il ricevere sia divin0! Veramente la gratitudine di chi si lascia amare è essenziale all'amore, almeno quanto la gratuità che ne è la sorgente.
Il dialogo, infine, è autentico quando si presenta come un'esperienza liberante, aperta agli altri, inclusiva e mai esclusiva dei loro bisogni e delle loro inquietudini. L'incontro dei due deve rendere possibili altri incontri: esso proietta fuori del cerchio dello stare a gurdarsi negli occhi, verso il vasto mondo della solidarietà.
Solo così nell'esperienza del dialogo l'accoglienza e il dono di se all'altro non si oppongono fra di loro, ma sono in certo modo l'uno la forza e l'autenticità dell'altro: ciò che è donato e ricevuto nel dialogo fra i due, esige di essere ancora offerto in sempre nuovi itinerari di amore e di servizio. Dialogando, si sprigionano le energie nascoste dell'amore, e l'esistenza, lungi dal chiudersi in se stessa, si proietta fuori di sè, facendosi servizio e dono. Quest'apertura all'esterno non solo non mortifica la comunione di coloro che dialogano, ma la rende vera e gioiosa. "
Spero che queste brevi considerazioni siano state utili per aiutarvi a capire meglio quale sia la vera ricchezza che è racchiusa nel dialogo!
P.S. Dal testo " Lettera ai cercatori di Dio ", CEI - ed.San Paolo 2009
1 commento:
Maria R., Itala G.e Barbara D.,
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