Il racconto:" un mio giovane amico sacerdote che stava trascorrendo un periodo di studio in un centro di formazione teologica, nella campagna alla periferia di Roma, mi ha raccontato che un giorno, passeggiando nel parco che circonda il questo centro, si è trovato vicino ad una pineta ricca di alberi, non riuscendo a rendersi conto del perchè i pini che erano li attecchiti, pur essendo della stessa specie, erano per dimensione ed altezza notevolmente diversi. Alcuni più grandi e robusti, altri più piccoli e meno sviluppati. Incuriosito da ciò, chiese al giardiniere che per caso si trovava a lavorare proprio nei paraggi, il motivo di quelle differenze. Ne ricevette in risposta che era stato proprio lui a piantare quei pini della stessa specie circa 10 anni prima e nello stesso periodo. Il diverso sviluppo, spiegò al mio amico, era dovuto al fatto che intorno ad alcuni pini, quelli adesso più robusti, il solerte giardiniere aveva seminato anche un prato all'inglese, agli altri meno sviluppati non aveva riservato lo stasso trattamento. La spiegazione che diede al mio amico, totalmente sprovveduto come agronomo, fu che il prato all'inglese, attirando più umidità aveva fecondato con più acqua e sostanze fertilizzanti il terreno intorno a quelle piante, facendole attecchire più rapidamente e radicandole più in superficie. Quelle che non erano state provviste intorno a loro di tale manto erboso, avevano dovuto invece andare a cercare acqua e nutrimento più in profondità, impiegando più tempo per sviluppare le proprie radici. L'aneddoto potrebbe ritenersi concluso, ma non è così.
Qualche giorno dopo un improvviso nubifragio tipico dell'autunno romano si abbattè sulla pineta arrecandole seri danni. Il mio amico rimase sorpreso e meravigliato nel vedere sdradicati ed abbattuti alcuni dei pini più robusti e rigogliosi che erano il vanto della pineta, mentre quelli che sembravano di dimensioni più piccole e meno sviluppati erano tutti perfettamente in piedi al loro posto. Il solito giardiniere diede risposta all'ovvio interrogativo che era venuto spontaneo al pretino. I pini più robusti erano meno abbarbicati al terreno e con radici più superficiali, gli altri invece erano con radici ben più profonde e ben piantati, motivo che li aveva portati a resistere alla furia degli elementi atmosferici. Gli comunicò la decisione che adesso che avrebbe dovuto piantare i nuovi alberi che avrebbero preso il posto di quelli abbattuti, non avrebbe ripetuto lo stesso errore, e non avrebbe fatto minimamente uso del prato all'inglese, anche sacrificando una migliore estetica del risultato.
Don Salvatore, questo è il nome del mio amico, poco tempo addietro si è ritrovato da quelle parti, davanti ad una pineta costituita adesso da alberi più omogenei, anche se di struttura meno robusta, più resistenti e che non hanno mai sofferto di alcun insulto atmosferico.
Questo racconto, se volete banale, può dare parecchio materiale interessante per alcune riflessioni personali. E' quello che mi è capitato due settimane fa appunto con don Salvatore ripercorrendo il filo del racconto. La riflessione personale che lui ha maturato e di cui mi ha reso partecipe e che quei pini per lui erano come le anime delle persone tutte diverse le une dalle altre. Alcune di queste anime, anche se a prima vista più belle, spesso sono in rapporto con un'intimità epidermica e che si relaziona con un modo di essere emotivo che rimane alla superficie dei comportamenti di queste persone, che non appena vengono in contatto con le prime difficoltà dellavita, non sono in grado di reggerne il peso e rovinano su se stesse, altre anime invece, forse meno appariscenti e più umili, ricorrendo ad una orazione, che è dialogo col Signore, anche se più difficoltosa, ma continua e costante, e frutto di sicuro sacrificio, sono riuscite a rimanere ancorate saldamente grazie a questa ad una relazione radicale con Dio, facendone la pietra angolare che sostiene tutta la propria vita spirituale, mettendola al riparo della propria rovina a causa di inattese traversie.
Pregare, anche se rafforza sempre la fede e la speranza, comporta spesso fatica, perchè ci impegna col Signore in un dialogo d'amore che ha le sue radici sempre in forma di croce, ma che sono la garanzia per resistere alle impreviste avversità davanti alle quali la vita a volte ci pone. Il Sigore ricambia sempre col cento per uno !
Qualche giorno dopo un improvviso nubifragio tipico dell'autunno romano si abbattè sulla pineta arrecandole seri danni. Il mio amico rimase sorpreso e meravigliato nel vedere sdradicati ed abbattuti alcuni dei pini più robusti e rigogliosi che erano il vanto della pineta, mentre quelli che sembravano di dimensioni più piccole e meno sviluppati erano tutti perfettamente in piedi al loro posto. Il solito giardiniere diede risposta all'ovvio interrogativo che era venuto spontaneo al pretino. I pini più robusti erano meno abbarbicati al terreno e con radici più superficiali, gli altri invece erano con radici ben più profonde e ben piantati, motivo che li aveva portati a resistere alla furia degli elementi atmosferici. Gli comunicò la decisione che adesso che avrebbe dovuto piantare i nuovi alberi che avrebbero preso il posto di quelli abbattuti, non avrebbe ripetuto lo stesso errore, e non avrebbe fatto minimamente uso del prato all'inglese, anche sacrificando una migliore estetica del risultato.
Don Salvatore, questo è il nome del mio amico, poco tempo addietro si è ritrovato da quelle parti, davanti ad una pineta costituita adesso da alberi più omogenei, anche se di struttura meno robusta, più resistenti e che non hanno mai sofferto di alcun insulto atmosferico.
Questo racconto, se volete banale, può dare parecchio materiale interessante per alcune riflessioni personali. E' quello che mi è capitato due settimane fa appunto con don Salvatore ripercorrendo il filo del racconto. La riflessione personale che lui ha maturato e di cui mi ha reso partecipe e che quei pini per lui erano come le anime delle persone tutte diverse le une dalle altre. Alcune di queste anime, anche se a prima vista più belle, spesso sono in rapporto con un'intimità epidermica e che si relaziona con un modo di essere emotivo che rimane alla superficie dei comportamenti di queste persone, che non appena vengono in contatto con le prime difficoltà dellavita, non sono in grado di reggerne il peso e rovinano su se stesse, altre anime invece, forse meno appariscenti e più umili, ricorrendo ad una orazione, che è dialogo col Signore, anche se più difficoltosa, ma continua e costante, e frutto di sicuro sacrificio, sono riuscite a rimanere ancorate saldamente grazie a questa ad una relazione radicale con Dio, facendone la pietra angolare che sostiene tutta la propria vita spirituale, mettendola al riparo della propria rovina a causa di inattese traversie.
Pregare, anche se rafforza sempre la fede e la speranza, comporta spesso fatica, perchè ci impegna col Signore in un dialogo d'amore che ha le sue radici sempre in forma di croce, ma che sono la garanzia per resistere alle impreviste avversità davanti alle quali la vita a volte ci pone. Il Sigore ricambia sempre col cento per uno !
1 commento:
'parecchio materiale interessante per alcune riflessioni personali': verissimo!
Leggendo questo racconto mi veniva in mente che così è anche nell'educazione: spesso i genitori danno tutto ai figli (il prato all'inglese) cercando di risparmiare loro qualunque fatica e pensando così di crescerli felici; ma è proprio la fatica (la ricerca dell'acqua e del nutrimento in profondità) che aiuta a mettere radici e ad affrontare e resistere alle inevitabili difficoltà della vita.
1sorriso!
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