"Qualcuno indicava il cielo stellato, e tutti gli altri intorno a lui guardavano perlessi il suo dito indice ".
E' stata questa battuta ascoltata per caso, mentre mi trovavo in macchina nel traffico cittadino, fatta da un conduttore di Radio DJ, a farmi scattare la molla per una delle mie considerazioni estemporanee alle quali forse vi sarete già abituati. Ho subito interpretato questa frase come una inapacità da parte dell'uomo di oggi di guardare oltre il suo dito appunto, attratto solo dalle cose più a portata di mano e contingenti, ed incapace di guardare con gli occhi della mente e del cuore al di là di ciò che gli sta intorno, ed incapace ancora di meravigliarsi e di provare stupore per tutto ciò che è fuori dal suo ambito più ristretto, e non mi riferisco solo al cielo stellato, che sarebbe probabilmente già pretendere troppo, ma anche soltanto al proprio panorama strettamente quotidiano , sia logistico che relazionale. E' come un muro che ci impedisce la vista della realtà in tutta la sua bellezza. Perchè , mi chiedo, questa incapacità di incuriosirsi, interessarsi e stupirsi per ciò che è un pò più al di là di una comoda vita , sia fisica che morale? E ancora perchè questa incapacità di dare vita a sogni audaci da realizzare, e di mettere in gioco la propria fantasia in modo creativo? Ci troviamo davanti ad un uomo impoverito: dai pensieri deboli e non forti, dai sentimenti superficiali e non profondi, dalle aspirazioni caute e non audaci. Ne viene fuori la figura di un individuo che si è come atrofizzato nei suoi desideri più arditi, incapace di pensare in grande, che si accontenta di vivere una vita anonima, incapace di sognare, e di lanciarsi in nuove avventure esistenziali , accettandone anche gli eventuali rischi. Dov'è finito quel tanto o quel poco dell'omerico Ulisse che dovrebbe esserci in ognuno di noi ? Perchè questa indifferenza o forse paura di oltrepassare le Colonne di Ercole per andare in mare aperto, osando da uomo libero? Perchè questa miopia della mente e del cuore, perchè questo ritenersi appagati del poco, che dà una momentanea sicurezza, e non aspirare invece a qualcosa di più, mettendo, se è il caso, a rischio le proprie comodità? Quale può essere il collirio efficace per restituire una nuova capacità visiva al nostro occhio, e quale l'integratore adatto per ridare lucidità e vivacità intellettuale alla nostra mente, e aneliti di cose importanti e belle al nostro cuore? Azzardo una mia risposta a tutti gli interrogativi che mi sono posto, aspettandomi con impazienza ed interesse le vostre. Penso che alla radice di tutto ciò vi sia una causa remota che ha poi portato alla situazione attuale. Dagli anni '70 in poi (vedi il '68) la scuola, con i suoi docenti meno culturalmente preparati e meno innamorati della loro professione, non ha più nutrito la mente e il cuore, degli alunni che le venivano affidati, rispettivamente di nozioni di qualità e di ideali morali, non coltivando più tutta la loro persona, ma limitandosi ad offrire soltanto delle "grezze" nozioni prive di vita. In poche parole le nuove generazioni non hanno sviluppato una robusta e valida cultura personale, una sana "sapienzialità" che li portasse ad innamorarsi del mondo, per conoscerlo più a fondo e migliorarlo con i propri talenti personali. Questa carenza culturale ha disamorato i giovani che non hanno più avuto nè l'interesse nè le capacità necessarie per coltivare la propria mente ed il proprio cuore , per arricchire la propria umanità di tutte quelle istanze, che danno all'uomo gli slanci per pensare ed agire in grande, rischiando la propria libertà. Quest'uomo così disincantato, non è più in grado di accorgersi del cielo stellato che gli viene indicato, nè dell'infinita bellezza della propria interiorità. Non si può pretendere di cercare e di trovare fuori di se ciò che già non si possiede dentro di se. E' pleonastico dire che ad essere investite di questa grande responsabilità per la formazione del futuro culturale di questi giovani sono le agenzie educative: in primo luogo la scuola con i suoi docenti e la famigla, coadiuvate da una realtà al contorno che offra prodotti di qualità: buona letteratura, buona arte, buona cinematografia, buona musica, buona televisione. In una parola un humus culturale che sia capace di rendere fertile la mente ed il cuore di questi giovani e renderli quidi capaci di produrre buoni frutti, cioè quegli ideali grandi e di qualità che li gratifichino, rendendo felici loro e coloro con cui si relazionano.
" Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me "
I. Kant
E' stata questa battuta ascoltata per caso, mentre mi trovavo in macchina nel traffico cittadino, fatta da un conduttore di Radio DJ, a farmi scattare la molla per una delle mie considerazioni estemporanee alle quali forse vi sarete già abituati. Ho subito interpretato questa frase come una inapacità da parte dell'uomo di oggi di guardare oltre il suo dito appunto, attratto solo dalle cose più a portata di mano e contingenti, ed incapace di guardare con gli occhi della mente e del cuore al di là di ciò che gli sta intorno, ed incapace ancora di meravigliarsi e di provare stupore per tutto ciò che è fuori dal suo ambito più ristretto, e non mi riferisco solo al cielo stellato, che sarebbe probabilmente già pretendere troppo, ma anche soltanto al proprio panorama strettamente quotidiano , sia logistico che relazionale. E' come un muro che ci impedisce la vista della realtà in tutta la sua bellezza. Perchè , mi chiedo, questa incapacità di incuriosirsi, interessarsi e stupirsi per ciò che è un pò più al di là di una comoda vita , sia fisica che morale? E ancora perchè questa incapacità di dare vita a sogni audaci da realizzare, e di mettere in gioco la propria fantasia in modo creativo? Ci troviamo davanti ad un uomo impoverito: dai pensieri deboli e non forti, dai sentimenti superficiali e non profondi, dalle aspirazioni caute e non audaci. Ne viene fuori la figura di un individuo che si è come atrofizzato nei suoi desideri più arditi, incapace di pensare in grande, che si accontenta di vivere una vita anonima, incapace di sognare, e di lanciarsi in nuove avventure esistenziali , accettandone anche gli eventuali rischi. Dov'è finito quel tanto o quel poco dell'omerico Ulisse che dovrebbe esserci in ognuno di noi ? Perchè questa indifferenza o forse paura di oltrepassare le Colonne di Ercole per andare in mare aperto, osando da uomo libero? Perchè questa miopia della mente e del cuore, perchè questo ritenersi appagati del poco, che dà una momentanea sicurezza, e non aspirare invece a qualcosa di più, mettendo, se è il caso, a rischio le proprie comodità? Quale può essere il collirio efficace per restituire una nuova capacità visiva al nostro occhio, e quale l'integratore adatto per ridare lucidità e vivacità intellettuale alla nostra mente, e aneliti di cose importanti e belle al nostro cuore? Azzardo una mia risposta a tutti gli interrogativi che mi sono posto, aspettandomi con impazienza ed interesse le vostre. Penso che alla radice di tutto ciò vi sia una causa remota che ha poi portato alla situazione attuale. Dagli anni '70 in poi (vedi il '68) la scuola, con i suoi docenti meno culturalmente preparati e meno innamorati della loro professione, non ha più nutrito la mente e il cuore, degli alunni che le venivano affidati, rispettivamente di nozioni di qualità e di ideali morali, non coltivando più tutta la loro persona, ma limitandosi ad offrire soltanto delle "grezze" nozioni prive di vita. In poche parole le nuove generazioni non hanno sviluppato una robusta e valida cultura personale, una sana "sapienzialità" che li portasse ad innamorarsi del mondo, per conoscerlo più a fondo e migliorarlo con i propri talenti personali. Questa carenza culturale ha disamorato i giovani che non hanno più avuto nè l'interesse nè le capacità necessarie per coltivare la propria mente ed il proprio cuore , per arricchire la propria umanità di tutte quelle istanze, che danno all'uomo gli slanci per pensare ed agire in grande, rischiando la propria libertà. Quest'uomo così disincantato, non è più in grado di accorgersi del cielo stellato che gli viene indicato, nè dell'infinita bellezza della propria interiorità. Non si può pretendere di cercare e di trovare fuori di se ciò che già non si possiede dentro di se. E' pleonastico dire che ad essere investite di questa grande responsabilità per la formazione del futuro culturale di questi giovani sono le agenzie educative: in primo luogo la scuola con i suoi docenti e la famigla, coadiuvate da una realtà al contorno che offra prodotti di qualità: buona letteratura, buona arte, buona cinematografia, buona musica, buona televisione. In una parola un humus culturale che sia capace di rendere fertile la mente ed il cuore di questi giovani e renderli quidi capaci di produrre buoni frutti, cioè quegli ideali grandi e di qualità che li gratifichino, rendendo felici loro e coloro con cui si relazionano.
" Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me "
I. Kant
6 commenti:
Bello! Ispirato! Ritengo che la tua lettura sia molto azzeccata. è anche vero che il fatto di potere avere subito e a porta di mano tanti desideri subito soddisfatti non abitua alla ricerca di obiettivi e sogni ardui. C'è un fatto culturale, come dici tu, ma c'è anche un fatto educativo.
Ho letto il post tutto d'un fiato.
Concordo su ogni parola ed aggiungo: noi giovani, spesso, non ci rendiamo conto di quello che ci manca per davvero, per questo non lo cerchiamo e non andiamo al di là delle cose.
E come dice il prof 2.0, non riusciamo mai a capire qual è la differenza tra desiderio e bisogno.
Perchè quel bisogno, in realtà, "non ci manca perchè ci manca" la ricerca e la voglia di scoprire. Spesso, non sempre però.
Carmen
Prof,circa la tua ultima affermazione, penso di poter dire che cultura ed educazione non siano soltanto sinergiche, ma che solo educando si può fare vera cultura,o no?
Baffopà
Carmen: vorrei chiarire una cosa che non ho forse reso evidente nel post, e cioè che io sto dalla parte dei giovani, che ritengo vittime inconsapevoli e non protagonisti volontari di questa situazione deteriorata. La paura di osare, che col tempo diventa indifferenza, è in massima parte colpa degli educatori, e soprattutto dei genitori, che da un lato si sono limitani a soddisfare tutti i desideri più futili, saziando i loro figli dalla fame che hanno invece di cose di maggior valore, e
dall'altro li hanno demotivati dicendo loro che visto come gira il mondo non è proprio il caso di impegnarsi nel tentativo di cambiarlo o di migliorarlo, nè tantomeno di rischiare in proprio visto che sono solo i più furbi quelli che poi prevalgono sulle aspettative degli altri. E' come tarpare le ali ad un giovane aquilotto desideroso di prendere il volo verso la parte più alta del cielo. I genitori quindi "educano" i figli ad un "futuro minaccia" piuttosto che ad un "futuro promessa", e questi non possono che sviluppare un atteggiamento di chiusura difensiva piuttosto che di apertura costruttiva nei confronti della realtà che sono chiamati a vivere e che avvertono come a loro ostile.
Questo mi premeva dire, a presto
Baffo
Sì...ma anche noi giovani siamo esseri pensanti.
E' troppo comodo dare la colpa agli adulti, alla società, alla scuola, alla politica, al mondo in generale.
Le cause esterne ci sono, è vero che il mondo sta andando a rotoli, ma anche noi giovani dobbiamo darci una mossa ( e lo facciamo spesso); siamo esseri viventi e pensanti e non esseri plasmati a piacimento dalla società.
Dovrebbe essere un incontro tra il giovane e la società, un dare e un ricevere come fa una madre con il suo bambino.
A volte succede, altre volte no.
Grazie per dare questi spunti su cui riflettere, soprattutto per una come me che è a contatto ogni giorno con queste tematiche.
Carmen
Carmen: sono d'accordo con te, non intendevo fare una difesa dei giovani che li relegasse ad un ruolo passivo, tutt'altro, ciò che voglio dire è che la famiglia e la società devono educare i giovani a darsi una "mossa" come tu dici, presentandogli però una realtà in cui vale la pena essere protagonisti con le proprie capacità.
Baffo
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