- (nonno) Baffo racconta
- Palermo, Italy
- Vivo in Sicilia, sono medico dentista,sposato con una moglie eccezionale e ho sei figli.Fra poco diventerò nonno per la prima volta. Il prossimo arrivo di questo nipote mi ha messo davanti a questa nuova tappa del mio viaggio, e mi sono reso conto che devo rimettermi in cammino con più entusiasmo, allegria e spirito giovanile. Alè si riparte! Ad un anno di distanza, come potete ben vedere dalla nuova intestazione del blog e dalla nuova foto, il cammino è stato felicemente intrapreso !
sabato 22 maggio 2010
venerdì 21 maggio 2010
martedì 18 maggio 2010
...non sono solo...
Vi propongo l'ascolto attento di questa canzone dall'album Safari di Jovanotti, sicuro che nel testo troverete senz'altro molti spunti di riflessione...
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Jovanotti
giovedì 13 maggio 2010
il principio di Incarnazione...
Riporto una parte di un'intervista ad Alessandro, che esprime con lucidità un'intuizione davvero coraggiosa.
(...)
D’Avenia:
Uno dei motivi per cui ho deciso di diventare insegnante è stato padre Pino Puglisi (il sacerdote ucciso dalla mafia nel 1993, ndr), che ho avuto come prof a Palermo. Liceo pubblico: eravamo in 1500, un caos. Noi, tra un’occupazione e l’altra, eravamo convinti di avere il mondo in mano. Guardavo questo sacerdote piccolino, magro, sempre sorridente, e dicevo: «Ma figurati!». Poi, quando è morto, poco prima della seconda liceo, ho capito la differenza fra noi (e gli altri prof) e lui: lui le parole che diceva le viveva veramente, anzi c’era morto. Poi vedevo il mio insegnante di Lettere, che era un sognatore davvero: a 65 anni ancora balbettava nel raccontare Dante. Infine, un film: L’attimo fuggente. L’ho visto e ho detto: voglio fare questo. A poco a poco, quella figura l’ho ridimensionata, perché è abbastanza pericolosa: Keating porta i ragazzi a se stesso, mentre il sognatore porta Leo a Leo. Cioè, aiuta Leo a diventare più Leo. Io sono un nemico assoluto del professore “amicone” e un sostenitore sfegatato dell’asimmetria del rapporto. Ma credo che la luce guida per ogni insegnante sia il principio di Incarnazione.
D. In che senso?
D’Avenia:
Nostro Signore, per spiegarci chi è l’uomo, si è fatto uomo: ha dovuto provare la fame, la sete, sudare, addormentarsi sulla poppa di una barca in tempesta... Lui è Maestro perché si è immerso in maniera sconvolgente in quello che siamo noi. Non ha rinunciato ad essere Dio: è perfetto Dio e perfetto uomo. E proprio per questo ci viene a tirare su: sposa tutte le contraddizioni del nostro cuore, però rimane Dio. Questa è la luce che mi guida nell’insegnamento: per me, non è altro che partecipare a questo aspetto di maestro, che c’è in Dio. Mi devo in qualche modo incarnare nei miei alunni. Il che non significa mai smettere di essere un adulto, ma sposi le loro contraddizioni. Mi ha scritto un ragazzo di 17 anni: «Grazie per questo libro, perché c’è dentro tutto quello di cui abbiamo bisogno. Ci comprende, ma non ci fa sconti». Per me è stata la critica più bella. In classe, sono molto esigente, ma allo stesso tempo provo a non dimenticare tutto ciò che è successo a quell’età. Sono un adulto disposto ad accompagnarti in questo viaggio: se hai bisogno, sai che io ci sono e che mi metto in gioco. Certo, trovare la giusta distanza in un lavoro di incarnazione è difficilissimo: a volte sbagli, perché esageri. Però ci provi. (...)
p.s. l'intervista completa a questo link:
http://www.tracce.it/default.asp?id=424&id_n=15892
Uno dei motivi per cui ho deciso di diventare insegnante è stato padre Pino Puglisi (il sacerdote ucciso dalla mafia nel 1993, ndr), che ho avuto come prof a Palermo. Liceo pubblico: eravamo in 1500, un caos. Noi, tra un’occupazione e l’altra, eravamo convinti di avere il mondo in mano. Guardavo questo sacerdote piccolino, magro, sempre sorridente, e dicevo: «Ma figurati!». Poi, quando è morto, poco prima della seconda liceo, ho capito la differenza fra noi (e gli altri prof) e lui: lui le parole che diceva le viveva veramente, anzi c’era morto. Poi vedevo il mio insegnante di Lettere, che era un sognatore davvero: a 65 anni ancora balbettava nel raccontare Dante. Infine, un film: L’attimo fuggente. L’ho visto e ho detto: voglio fare questo. A poco a poco, quella figura l’ho ridimensionata, perché è abbastanza pericolosa: Keating porta i ragazzi a se stesso, mentre il sognatore porta Leo a Leo. Cioè, aiuta Leo a diventare più Leo. Io sono un nemico assoluto del professore “amicone” e un sostenitore sfegatato dell’asimmetria del rapporto. Ma credo che la luce guida per ogni insegnante sia il principio di Incarnazione.
D. In che senso?
D’Avenia:
Nostro Signore, per spiegarci chi è l’uomo, si è fatto uomo: ha dovuto provare la fame, la sete, sudare, addormentarsi sulla poppa di una barca in tempesta... Lui è Maestro perché si è immerso in maniera sconvolgente in quello che siamo noi. Non ha rinunciato ad essere Dio: è perfetto Dio e perfetto uomo. E proprio per questo ci viene a tirare su: sposa tutte le contraddizioni del nostro cuore, però rimane Dio. Questa è la luce che mi guida nell’insegnamento: per me, non è altro che partecipare a questo aspetto di maestro, che c’è in Dio. Mi devo in qualche modo incarnare nei miei alunni. Il che non significa mai smettere di essere un adulto, ma sposi le loro contraddizioni. Mi ha scritto un ragazzo di 17 anni: «Grazie per questo libro, perché c’è dentro tutto quello di cui abbiamo bisogno. Ci comprende, ma non ci fa sconti». Per me è stata la critica più bella. In classe, sono molto esigente, ma allo stesso tempo provo a non dimenticare tutto ciò che è successo a quell’età. Sono un adulto disposto ad accompagnarti in questo viaggio: se hai bisogno, sai che io ci sono e che mi metto in gioco. Certo, trovare la giusta distanza in un lavoro di incarnazione è difficilissimo: a volte sbagli, perché esageri. Però ci provi. (...)
p.s. l'intervista completa a questo link:
http://www.tracce.it/defau
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